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I 5 Pilastri del Filalete



Primo Pilastro della rettitudine


La verità è scritta ovunque basta saper raccogliere il messaggio, ovunque esso si trovi.
Molto spesso i semi di saggezza possono essere trovati in un semplice pezzo di carta scritto o proferito per mezzo di una, o non più di poche altre parole che, a volte, possono essere dette anche da un inconsapevole.
Può accadere, infatti, che da chi non sa nulla possano essere pronunciate le parole più belle e più veritiere.
Poiché il l’Uno-Tutto è presente e rappresentato, nella forma e nella sostanza, nel segno e nel suono e in tutto ciò che visibilmente lo rappresenta, è saggio e non risulta essere mai vano cercarlo in tutti gli aspetti formali della materia.


Secondo Pilastro della rettitudine


Siate impeccabili nel pronunciare, nel poco come nel tanto, le vostre parole perché, se voi lo volete il vostro dire può divenire forza creativa tanto potente quanto lo è lo spirito e, da questa stessa forza, quando è necessario che si manifesti promanare, nel suo intorno la luce della verità,
Il verbo, o la parola rettamente pronunciata, qualora si sia pienamente consapevoli, potrà divenire, essa stessa, in quanto espressione manifesta dello spirito, portatrice di benevolenza, di equilibrio e di amore.
Non dimenticate mai che la parola, viva e vera, nell’uscire dalla vostra bocca è, per se stessa, forza a sé stante, tanto creatrice e libera quanto questa stessa parola è capace, a prescindere dalla vostra volontà, di orientarsi e mostrarsi, come vuole e quando vuole.
Non può essere che così poiché la “parola-verbo” è, per sua inalienabile natura, l’espressione più forte e più elevata dello spirito creatore.
Nessun Filalete dimentichi mai che “lo giusto dire” è lo strumento per il compimento del “bonum facere” che un vivente possa possedere ed usare.
Dite dunque solo ciò che è giusto e necessario dire. Ma nel momento in cui vi si impone di manifestare il vostro pensiero, nel dover riferire su “mezze verità” o su “non verità”, senza penalizzare voi stessi, o se a vostro giudizio non possedete ancora il senso della giusta misura, è assolutamente necessario tacere.


Terzo Pilastro della rettitudine


Nell’ascolto delle altrui opinioni, qualora vi sia possibile, nel bene e nel meno bene, non prendete nulla in modo personale. Infatti ciò che potrebbe apparire come un affronto distruttivo del vostro “fare” deve invece essere utilizzato, solo ed esclusivamente, qualora si ravvisino dei margini di errore del proprio operato, con misura e con decisione si ponga rimedio al proprio imperfetto “fare”.
Non è utile e tanto meno salutare, porsi di fronte al proprio “fare”, che per nessun motivo e per nessuna causa altri potevano compiere al nostro posto. Non vi è ragione alcuna perché l’inerzia malinconica e improduttiva si impadronisca della vostra coscienza e della vostra capacità di discernimento, tale che ci impedisca di porre rimedio e, nel rimuginare su quelle che chiamiamo ingiustizie, a farci del male. Riuscendo invece ad essere immuni dalle non benevole opinioni ed azioni altrui, non saremo più vittime di sofferenze inutili e per nulla costruttive.



Quarto Pilastro della rettitudine


Non fate pregiudizievoli supposizioni, prima di aver formulato un obiettivo e giusto giudizio sull’atro da sé. Chiedete agli altri quello che vogliono esprimere e, dopo un giusto e necessario ascolto e ponderazione, dite, dunque, ciò che, per il proprio ed altrui bene, intendete dire.
Un Filalete, nell’esercitare un giusto e corretto rapporto interpersonale con l’altro da sé, dopo avere formulato giuste e appropriate supposizioni -per il tanto che gli possa competere- non sorgeranno equivoci, né frustrazioni, in quanto non si ricaverà nulla di positivo incolpando gli altri quali sole cause causanti delle proprie sofferenze e dei propri problemi.

 


Quinto Pilastro della rettitudine


Un Filalete compie sempre il proprio meglio. Si eviterà così l’autocondanna o, quanto meno, di sentirsi frustrati.
Si dica però che il compimento del proprio meglio può e, indubbiamente, deve cambiare da una situazione ambientale, storica e sociale ad un’altra.
Infatti il compimento del “bonum facere” è diverso quando si è stanchi o malati da quando si è in perfetta forma, ma, in qualsiasi modo il proprio meglio deve essere fatto tanto quanto in quel momento poteva essere compiuto.

 

"L’uomo deve imparare, giorno per giorno, di avere una scelta."

Giancarlo Seri

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